
Una qualsiasi giornata umida e fresca, come forse solo la Brianza primaverile con il suo fosforescente verde e le sue basse nuvole, può regalare. Percorro, che di sfigati v’è pieno il registro della Motorizzazione Civile, con la consueta pazienza il mio solito tragitto alla volta dell’ufficio.
Spitfire dei Prodigy è finita subito dopo il semaforo e, curiosamente la sempre clamorosa Anna Moffo ha appena iniziato il “Vogliatemi Bene” della pucciniana Butterfly. Sorrido compiaciuto sia per la totale assenza di logica nella sequenze musicali che faccio sì m’accompagnino mentre guido, sia per la consapevolezza che di lì a pochi secondi il mio sguardo volgerà a sinistra verso l’ingresso di un’impresa manufatturiera in attesa del quotidiano stupore.
Non mi è mai stato chiaro quali siano i reali accordi tra la proprietà di siffatta attività commercial-produttiva e l’antistante presenza di piacenti signorine che, compostamente e senza eccessi nell’apparire, fanno mercimonio della propria avvenenza. Non m’interessa. Ho ormai sviluppato una dietrologica interpretazione basata sul reciproco rispetto dell’altrui professione e non intendo ledere un pensiero così irrazionalmente gradevole. Forse mi fa semplicemente sentire un uomo del mio tempo o forse mi piace semplicemente rifiutare lo squallore proprio del vendere sè stessi, inferendo approcci aziendalistici visto l’ormai canonico orario in cui tale scena mi si para d’innanzi.
L’imprevisto torna a farmi visita senza che abbia il tempo di prepararmici ancorchè la velocità di crociera sia ridottissima. Il tutto si svolge come in quegli slow-motion cinematografici in cui il tempo per gli occupanti dell’automobile rallenta fino a fermarsi. Io. Io sono il solo ed unico occupante. Guardo inebetito un’elegante e bionda prostituta mentre sta scopando incurante delle auto che lentamente le passano accanto. Sì, brandisce con perizia una scopa di saggina e ramazza con energica passione lo spazio di sua competenza davanti al cancello della ditta. Mi ricorda alcuni estremi difensori degli anni ’80 quando tracciavano coi tacchetti l’area di porta nei freddi ed umidi pomeriggi delle domeniche invernali. Appena giunge la discesa, mentre la Moffo mi sta ancora inebetendo mi rendo conto del paradosso. Dovrei semplicemente mantenere viva l’immagine idealizzata di un mondo professionale alternativo, sarebbe logico e mi garantirebbe un comodo bias mentale. Non ci riesco e cedo. L’hashtag s’impadronisce di me.
Ho appena assistito alla più cristallina e pura forma di realtà descrivibile viralmente. No, non mi concedo l’abietta superficialità del sogghignare per l’accostamento tra prostituzione e viralità, nemmeno riconducendomi all’assonanza tra marketing e marchetta. Ho sempre considerato le malattie sessualmente trasmissibili come la peggiore delle beffe. Accostare l’attività più piacevole che ci regala la vita terrena alla possibilità che possa esserci fatale è qualcosa su cui non riuscirò mai a scherzare. La mia mente vola invece verso la sperimentazione comunicativa. Magari sbaglio. Forse nessuno cadrà nell’imboscata virtuale.
Ma perchè non provare? Scrivere di quest’immacolata esperienza farà forse capitolare qualche incauto pornomane del web o, meglio ancora, dimostrerà l’attuale pochezza dei nostri consolidati strumenti di ricerca. Bene, è deciso: alea iacta est! Sì, ho avuto il coraggio d’usare quest’ahimé inflazionata espressione ma solo per ricordare che alea non significa dado: era il nome del gioco. Mi prostro chiedendo perdono per la mia ennesima esplosione d’ego, mentre sottolineo che la sorprendente illustrazione che trovate allegata al post è del maestro Sergio Tuis. Vi lascio qualche riferimento bibliografico in merito a quanto appena confusamente espresso. Mi congedo esternando la mia impressione riguardo a questo periodo in cui ho la sensazione di non riuscire proprio a concludere nu…
http://it.wikipedia.org/wiki/Anna_Moffo
http://goo.gl/qkiiJ (lyrics)
http://it.wikipedia.org/wiki/Madama_Butterfly
http://sergiotuis.blogspot.it/p/opere_7280.html